Sentenza della settimana – Cassazione 4 agosto 2016, n. 16321.

Sentenza della settimana – Tribunale Torino 4 luglio 2017, n. 3528
23 Ottobre 2017
Sentenza della settimana – Cassazione 4 settembre 2017, n. 20712.
23 Ottobre 2017

Estratto

VALIDA LA CLAUSOLA DEL REGOLAMENTO CONTRATTUALE CHE ESONERA IL COSTRUTTORE DALLA PARTECIPAZIONE DELLE SPESE

Secondo la Suprema Corte, solo con il consenso di tutti i condomini in tema di ripartizione spese, è possibile apportare deroghe alle norme del codice civile. Inserita la relativa clausola nel regolamento di natura contrattuale, trascritto ed espressamente richiamato negli atti di acquisto di tutti i condomini, il costruttore può escludersi dalla partecipazione delle spese fino alla vendita delle unità immobiliari. Tale diversa convenzione, che trova giustificazione nella libertà dei privati di regolare, come meglio credono, i propri rapporti patrimoniali – deve infatti essere prevista in un regolamento condominiale contrattuale o in una delibera dell’assemblea che venga approvata con l’unanimità dei voti di tutti partecipanti al condominio.

Estratto a cura del Centro Studi Nazionale ANACI

Testo


CASSAZIONE 04 AGOSTO 2016, N. 16321
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIANCHINI Bruno –  Presidente
Dott. D’ASCOLA Pasquale –  Consigliere
Dott. ORICCHIO Antonio –  Consigliere
Dott. SCALISI Antonino –  Consigliere
Dott. SCARPA Antonio –  rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 6841-2015 proposto da:
CONDOMINIO, elettivamente domiciliato in ROMA, presso lo studio dell’avvocato M. C., rappresentato e difeso dagli avvocati L. S., M. G. C.;
– ricorrente –
contro
S. S. SRL elettivamente domiciliato in ROMA, presso lo studio dell’avvocato S. R., che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato A. A.;
– controricorrente –
e contro
L.L.P., L. G. SRL;
– intimati –
avverso la sentenza n. 507/2014 della CORTE D’APPELLO SEZ DIST. DI SASSARI, depositata il 12/12/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/07/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;
udito gli Avvocati S. e R;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SALVATO LUIGI, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione del 14 novembre 2011, la S. S. S.r.l. conveniva davanti al Tribunale di Tempio Pausania – Sezione distaccata di Olbia – il Condominio, impugnando la deliberazione dell’assemblea dei condomini del 18 agosto 2011, con la quale era stata modificata la clausola del regolamento condominiale (art. 3, rubricata “Deroga temporale”). Tale clausola regolamentare disponeva:
“premesso:
che i singoli garages del complesso autorimessa di proprietà della Sea Smeralda s.r.l. sono destinati alla vendita;
che dette unità non usufruiscono di tutti questi servizi di cui gode il Complesso Autorimessa e che sostanzialmente rappresentano il 75% (settantacinquepercento) dei costi sui bilancio di gestione;
resta espressamente ed essenzialmente stabilito che le spese condominiali poste a carico della soc. S. S. s.r.l., relativamente alle unità immobiliari ancora invendute, non potranno essere superiori al 25% (venticinquepercento) di quelle poste a carico e calcolate per i singoli garage di proprietà dei singoli condomini. Il restante 75% (settantacinquepercento) verrà ovviamente suddiviso fra tutti i millesimi delle unità immobiliari già vendute e di proprietà dei singoli condomini”.
L’attrice S.S. S.r.l. deduceva che tale clausola, in quanto contenuta in un regolamento “contrattuale”, era suscettibile di modifica solo con il consenso dell’unanimità dei condomini, nella specie mancante, con conseguente nullità o annullabilità della deliberazione dell’assemblea del 18 agosto 2011, nonchè della deliberazione di approvazione del bilancio.
Il Condominio si costituiva e domandava in via riconvenzionale di dichiarare la nullità e l’inefficacia della clausola contenuta nel regolamento di condominio.
L.L.P. e L. G. S.r.l. intervenivano nel giudizio a sostegno delle ragioni del Condominio.
11 Tribunale di Tempio Pausania – Sezione distaccata di Olbia -, con sentenza n. 177/2013 del 10 aprile 2013, rigettava l’impugnativa proposta da Sea Smeralda S.r.l. Esponeva il Tribunale che la clausola sub art. 3 del Regolamento condominiale, limitandosi a disciplinare la ripartizione delle spese, avesse natura regolamentare, sicchè poteva essere modificata anche in difetto dell’unanimità.
Proponeva appello la S.S. S.r.l., affermando la natura contrattuale del regolamento condominiale, in quanto predisposto dalla comune venditrice ed accettato dai singoli condomini nell’atto di acquisto, di tal che per modificare le sue clausole sarebbe occorsa la volontà unanime del partecipanti.
Gli appellati Condominio, L.L.P. e L.G. S.r.l. chiedevano il rigetto dell’impugnazione principale e proponevano appello incidentale subordinato, insistendo per la nullità o inefficacia della clausola regolamentare, in forza dell’art. 1355 c.p.c..
La Corte d’Appello di Sassari, con sentenza n. 507/2014 del 12 dicembre 2014, accoglieva l’appello principale ed annullava la deliberazione assembleare nella parte in cui essa modificava l’art. 3 del cap. 4 del Regolamento condominiale, nonchè sui punti relativi al bilancio La Corte di Sassari qualificava la clausola che limitava al 25% le spese condominiali poste a carico della Sea Smeralda s.r.l., per le unità immobiliari ancora invendute, come “diversa convenzione” di ripartizione delle spese, ai sensi dell’art. 1123 c.c., modificabile, pertanto, solo con il consenso unanime di tutti i condomini. Ai fini della vincolatività del regolamento, la Corte di merito osservava come risultasse prodotto il primo contratto di vendita del 26 agosto 1987, nel quale l’acquirente conferiva mandato alla società venditrice “di predispone un regolamento secondo le condizioni e le clausole di cui al menzionato “Capitolato di patti e condizioni”, recando tale Capitolato la specifica previsione della clausola sulle spese poi inserita nel regolamento condominiale.
Il Regolamento, continuano i giudici dell’appello, risultava registrato e trascritto nel 1997 e nessun titolo anteriore a tale anno e sprovvisto del richiamo alla clausola spese era stato prodotto. Relativamente agli altri motivi addotti dal Condominio Autorimessa Sea Smeralda per contrastare l’impugnazione, la Corte di Sassari evidenziava come la violazione delle norme del Codice del consumo fosse stata prospettata per la prima volta soltanto in sede di appello, e che, comunque, nemmeno fosse stato dedotto che gli acquirenti dei garages avessero proceduto alla stipula dei contratti di vendita per scopi estranei all’attività imprenditoriale svolta.
Non pertinente appariva alla Corte di merito, inoltre, il richiamo all’art. 1355 c.c., in quanto la mancata vendita dei garages configurerebbe non una condizione, per giunta meramente potestativa, quanto un termine di efficacia della clausola. Nè contrasto alcuno sussisterebbe fra l’art. 1123 c.c. e la clausola in oggetto, essendo la stessa norma a prevedere la possibilità di sua deroga.
Avverso questa sentenza, il Condominio Autorimessa Sea Smeralda ha proposto ricorso articolato in sei motivi, cui resiste con controricorso la S.S. S.r.l., mentre sono rimasti intimati senza svolgere attività difensiva L.L.P. e la L G. S.r.l. Il Condominio e la S. S. S.r.l. hanno presentato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c. rispettivamente in data 9 giugno 2016 e 30 giugno 2016.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso del Condominio deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1138 c.c., avversando la natura contrattuale del regolamento condominiale in questione, invece ravvisata dalla Corte d’Appello. Si assume che il regolamento fosse stato trascritto soltanto nel 1997, mentre il primo atto di vendita risaliva al 26 agosto 1987, epoca in cui il regolamento, quindi, non esisteva, e non era possibile per gli acquirenti conoscerne il contenuto. Da ciò l’inopponibilità della clausola sulla ripartizione delle spese a coloro che avessero acquistato le unità immobiliari prima della redazione del regolamento.
Il secondo motivo di ricorso deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., in quanto, una volta dedotto che alcune autorimesse erano state vendute prima della redazione del regolamento, spettava alla controparte, che aveva affermato la natura contrattuale del regolamento, la prova del suo assunto.
Il terzo motivo di ricorso lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost. (carente ed erronea motivazione) e dell’art. 112 c.p.c. (mancata corrispondenza fra chiesto e pronunciato), nonchè violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 3, e, ancora, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio relativo alla vessatorietà della clausola contestata. Ciò in quanto la Corte di Sassari avrebbe omesso di considerare l’eccezione circa la vessatorietà della clausola contenuta nell’art. 3 del Regolamento, ritenendola non proposta nel giudizio di primo grado, là dove tale eccezione di violazione del Codice del Consumo e conseguente domanda di nullità o inefficacia della clausola erano state dal Condominio formulate già nella comparsa di costituzione davanti al Tribunale del 14 gennaio 2012, e quindi riproposte nella comparsa cd costituzione in appello del 9 novembre 2013 e nelle conclusioni dell’appello incidentale subordinato.
Il quarto motivo sostiene la violazione e falsa applicazione degli artt. 1136 e 1138 c.c., in quanto la clausola in questione poteva essere modificata con la maggioranza prevista dall’art. 1136 c.c., comma 2, poichè attinente all’uso e al godimento delle parti comuni e all’organizzazione e al funzionamento delle parti condominiali o, comunque, alla ripartizione delle spese.
Il quinto motivo allega la violazione e falsa applicazione dell’art. 1355 c.c., in quanto la Corte di Sassari avrebbe trascurato che la clausola in questione rimetteva al mero arbitrio della Sea Smeralda S.r.l. la sua contribuzione alle spese condominiali, così integrando una condizione meramente potestativa, da ritenere nulla.
Il sesto motivo di ricorso, infine, denuncia, in via subordinata per il caso di rigetto dei precedenti motivi, la violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., nonchè l’omesso esame circa fatto decisivo per il giudizio, non essendo state ammesse le prove richieste dal ricorrente per provare che la società usufruiva dei servizi condominiali per le unità invendute.
2. I primi cinque motivi di ricorso, per la loro connessione logica, vanno esaminati congiuntamente sulla base di una comune premessa di indagine.
I criteri di ripartizione delle spese condominiali, stabiliti dall’art. 1123 c.c., possono essere derogati, come prevede la stessa norma, e la relativa convenzione modificatrice della disciplina legale di ripartizione può essere contenuta sia nel regolamento condominiale (che perciò si definisce “di natura contrattuale”), ovvero in una deliberazione dell’assemblea che venga approvata all’unanimità, o col consenso di tutti i condomini (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 641 del 17/01/2003). La natura delle disposizioni contenute nell’art. 1118 c.c., comma 1 e art. 1123 c.c. non preclude, infatti, l’adozione di discipline convenzionali che differenzino tra loro gli obblighi dei partecipanti di concorrere agli oneri di gestione del condominio, attribuendo gli stessi in proporzione maggiore o minore rispetto a quella scaturente dalla rispettiva quota individuale di proprietà. In assenza di limiti posti dall’art. 1123 c.c., la deroga convenzionale ai criteri codicistici di ripartizione delle spese condominiali può arrivare a dividere in quote uguali tra i condomini gli oneri generali e di manutenzione delle parti comuni, e finanche a prevedere l’esenzione totale o parziale per taluno dei condomini dall’obbligo di partecipare alle spese medesime (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5975 del 25/03/2004; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6844 del 16/12/1988). Non opera, del resto, in materia di condominio negli edifici, nulla di simile all’art. 2265 c.c. (divieto del patto leonino), trovando questa norma la sua rado nella posizione che un socio assume nell’ambito societario e nella necessità che lo stesso partecipi al rischio patrimoniale d’impresa, ovvero nell’essenziale scopo lucrativo che viene perseguito tramite una attività imprenditoriale, scopo del tutto estraneo alla situazione di mero godimento di beni comuni, tipica del condominio di edifici.
Come autorevolmente spiegato da Cass. Sez. 2, Sentenza n. 18477 del 09/08/2010, mentre, allora, la deliberazione che approva le tabelle millesimali, non ponendosi come fonte diretta dell’obbligo contributivo del condomino, non deve essere approvata con il consenso unanime dei condomini, rivela, viceversa, natura contrattuale la tabella da cui risulti espressamente che si sia inteso derogare al regime legale di ripartizione delle spese, ovvero approvare quella “diversa convenzione”, di cui all’art. 1123 c.c., comma 1. La sostanza di tale “diversa convenzione” è, pertanto, quella di una dichiarazione negoziale, espressione di autonomia privata.
Problema ulteriore è quello dell’efficacia reale, ovvero dell’opponibilità anche nei confronti dei successori dei condomini originari dell’eventuale clausola regolamentare con cui un’unità immobiliare venga esonerata, in tutto o in parte, dalle spese, in o
deroga a quanto discenderebbe dalla meccanica applicazione dei criteri di cui all’art. 1123 c.c. (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7353 del 09/08/1996; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6844 del 16/12/1988; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7039 del 23/12/1988).
Viene, pertanto, imposta, a pena di radicale nullità l’approvazione di tutti i condomini per le delibere dell’assemblea di condominio con le quali siano stabiliti i criteri di ripartizione delle spese in deroga a quelli dettati dall’art. 1123 c.c., oppure siano modificati i criteri fissati in precedenza in un regolamento “contrattuale” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6714 del 19/03/2010; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17101 del 27/07/2006; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 126 del 08/01/2000).
Nella specie, deve allora condividersi la decisione della Corte d’Appello di Sassari, per cui è affetta da nullità la Delib. 18 agosto 2011 dell’assemblea del Condominio Autorimessa Sea Smeralda, con la quale, senza il consenso di tutti i condomini, si modificavano i criteri di riparto delle spese stabiliti dall’art. 3 (Deroga temporale) del Regolamento per la prestazione di servizi nell’interesse comune, relativamente alle unità immobiliari ancora invendute.
Il primo ed il secondo motivo di ricorso, in particolare, sostengono che il regolamento di condominio, recante la clausola di “Deroga temporale” nella ripartizione delle spese, era stato trascritto nel 1997, mentre il primo atto di vendita di un’unità immobiliare dall’originario unico proprietario ad altri soggetti, e dunque la costituzione del condominio, erano risalenti al 26 agosto 1987, spettando alla SEA SMERALDA s.r.l. dar prova dell’opponibilità di detto regolamento.
In effetti, questa Corte ha più volte affermato che l’obbligo dell’acquirente, previsto nel contratto di compravendita di un’unità immobiliare di un fabbricato, di rispettare il regolamento di condominio da predisporsi in futuro a cura del costruttore non può valere come approvazione di un regolamento allo stato inesistente, poichè è solo il concreto richiamo nel singolo atto d’acquisto ad un determinato regolamento che consente di considerare quest’ultimo come facente parte, “per relationem”, di tale atto (Sez. 2, Sentenza n. 5657 del 20/03/2015; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3104 del 16/02/2005). La Corte d’Appello di Sassari, tuttavia, non ha affatto affermato che i condomini, che avevano acquistato le rispettive unità immobiliari nel Condominio Autorimessa Sea Smeralda prima del 1997, si fossero contrattualmente obbligati a rispettare un regolamento ancora non esistente, dando sul punto una “delega in bianco” alla costruttrice-venditrice di redigere un qualunque regolamento. I giudici del merito, piuttosto, hanno evidenziato come l’atto costitutivo del condominio, ovvero il primo contratto di frazionamento del 26 agosto 1987, prevedeva, si, un mandato alla società venditrice “di predispone un regolamento secondo le condizioni e le clausole di cui al menzionato Capitolato di patti e condizioni”, ma tale Capitolato già conteneva il riferimento alla clausola sul limite di contribuzione alle spese in favore della venditrice, sicchè il richiamo al Capitolato, preesistente, consentiva di considerare la pattuizione di ripartizione delle spese come inserita “per relationem” nel titolo d’acquisto. Questa ratio decidendi, logica e del tutto sufficiente a sostenere argomentativamente la pronuncia resa, non è stata specificamente impugnata dal Condominio ricorrente.
E’ poi infondato il quarto motivo che, al fine di sostenere la modificabilità a maggioranza della clausola di cui all’art. 3 del Regolamento, ne nega la natura “contrattuale”, giacchè, secondo quanto già affermato, la possibile deroga ai criteri normativi di proporzionalità dettati dall’art. 1123 c.c. suppone indispensabilmente una “convenzione”, ovvero un’espressione non della regola della collegialità e del principio maggioritario, ma dell’autonomia negoziale.
Discorso diverso deve farsi per il terzo ed il quinto motivo di ricorso. Il terzo motivo lamenta la mancata pronuncia della Corte di Sassari sulla domanda di declaratoria di nullità o inefficacia della clausola contenuta nell’art. 3 del Regolamento per violazione dell’art. 1469 bis c.c., e ss., ratione temporis applicabili. Il quinto motivo sostiene la nullità della stessa clausola del Regolamento per contrasto con l’art. 1355 c.c., in quanto contenente una condizione meramente potestativa.
Si consideri come il presente giudizio sia stato promosso nei confronti del Condominio Autorimessa Sea Smeralda, in persona del suo amministratore, con riguardo alla resistenza rispetto alla domanda della SEA SMERALDA S.r.l., volta all’annullamento della delibera assembleare del 18 agosto 2011, ai sensi dell’art. 1131 c.c., comma 1 e art. 1130 c.c., n. 1). Oggetto di queste censure è invece la nullità o l’inefficacia della convenzionale relativa alla ripartizione delle spese, contenuta nel regolamento di condominio, che si assume accettato dai partecipanti e che sia stato, nella specie, pure trascritto, azione che, di regola, supporrebbe una domanda esperibile da o nei confronti (non del condominio, ma) di tutti i condomini, in quanto partecipi al vincolo negoziale che si assume viziato (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 2605 del 03/08/1972; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12342 del 29/11/1995).
Riguardo alla prima questione, va tuttavia osservato come sia stato più volte affermato che, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., comma 2, nonchè di una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 384 c.p.c., pur ove sia verificata l’omessa pronuncia su una domanda o su un’eccezione da parte del giudice d’appello, la Corte di cassazione può evitare la cassazione con rinvio della sentenza impugnata ed esaminare il merito del ricorso, allorquando la suddetta domanda o eccezione sia infondata, essendo in tal caso inutile il ritorno della causa in fase di merito (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 21257 del 08/10/2014; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2313 del 01/02/2010).
Ora, in presenza di una convenzione sui criteri di ripartizione delle spese condominiali, predisposta dal venditore-costruttore ed accettata dagli acquirenti nei singoli contratti di vendita, può sostenersi l’applicabilità delle norme del Codice del consumo, e quindi valutarsi la pattuizione alla luce del complessivo programma obbligatorio, secondo i profili del “significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto” e della “buona fede”, ai sensi del D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, art. 33, comma 1, (ovvero dell’art. 1469 bis c.c., ratione temporis). Questo sempre che si ritenesse che il Regolamento del Condominio Autorimessa Sea Smeralda si fosse formato soltanto all’epoca della sua trascrizione (26 marzo 1997), e non già precedentemente (ovvero sin dalla costituzione del condominio stesso nel 1987), in quanto le disposizioni sostanziali di cui all’art. 1469 bis c.c. e ss., introdotte dalla L. 6 febbraio 1996, n. 52, art. 25, non si applicano ai contratti stipulati prima della loro entrata in vigore, in virtù del principio generale di irretroattività della legge (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15871 del 06/07/2010).
In verità, la Corte d’Appello, pur avendo ritenuto tardivamente introdotta la questione della tutela consumeristica, ha poi motivato sull’infondatezza della stessa, osservando come non fosse stato neppure dedotto che gli acquirenti dei garages avessero proceduto alla stipula dei contratti di vendita per scopi estranei all’attività imprenditoriale svolta. Su tale ratio decidendi il ricorrente non esprime specifica censura. E’ evidente che, ai fini dell’applicabilità delle norme di cui (attualmente) al Codice del consumo, possono venire in rilievo le sole convenzioni di ripartizione delle spese condominiali predisposte dal costruttore, o dall’originario unico proprietario dell’edificio condominiale, in quanto oggettivamente ricollegabili all’esercizio dell’attività imprenditoriale o professionale da quello svolta; e sempre che il condomino acquirente dell’unità immobiliare di proprietà esclusiva, dovendo rivestire lo status di consumatore, agisca per soddisfare esigenze di natura personale, non legate allo svolgimento di attività a sua volta imprenditoriale o professionale. Peraltro, la disciplina delle clausole vessatorie potrebbe risultare pertinente unicamente con riguardo a convenzioni che introducano vincoli di destinazione di natura reale incidenti in via diretta sulla consistenza della proprietà condominiale e della frazione di proprietà esclusiva oggetto dei rispettivi programmi negoziali sinallagmatici di compravendita, determinando contrattualmente le modalità di utilizzazione del bene ceduto. Solo questa tipologia di convenzioni condominiali potrebbe, infatti, rientrare nella categoria protetta dei contratti di acquisto di beni a scopo di consumo, realizzando una funzione economica unitaria rispetto alla prestazione di dare assunta dal venditore, nonchè strumentale al soddisfacimento delle esigenze di consumo proprie dell’acquirente.
Del pari insuperata è la ragione esposta dalla Corte di merito che ha interpretato che la mancata alienazione degli immobili ancora in proprietà della costruttrice valesse, nell’economia del programma pattizio, non come condizione ma come termine di efficacia.
3. Le esposte considerazioni rendono evidente pure l’infondatezza del sesto motivo di ricorso, circa la mancata ammissione delle prove richieste dal ricorrente per provare che la società usufruiva dei servizi condominiali per le unità immobiliari invendute.
Innanzitutto, tale motivo è introdotto come violazione dell’art. 111 Cost. e come omesso esame di un fatto decisivo, mentre la violazione delle norme costituzionali non può essere direttamente prospettata a motivo di doglianza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nè la mancata ammissione di mezzi di prova da parte del giudice di merito dà luogo ad un vizio di motivazione (nella specie, pure soggetto al regime conseguente alla modifica introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134), ma deve essere denunciata come error in procedendo, e quindi prospettando la violazione delle regole processuali che disciplinano la predetta attività (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3708 del 17/02/2014). Per di più, il ricorrente, pur denunciando l’esistenza di un vizio della sentenza correlato al rifiuto opposto dalla Corte di merito di dare ingresso ai mezzi di prova, non adempie all’onere ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di indicare specificamente nel ricorso le deduzioni istruttorie che assume disattese, ma si limita a far rinvio per relationem a scritti difensivi depositati nei precedenti gradi di giudizio. Per quanto sintetizzate in ricorso, emerge pure netta la non decisività di tali disattese deduzioni istruttorie, non trovando affatto giustificazione causale la clausola di cui all’art. 3 del Regolamento nella non fruizione dei servizi condominiali da parte delle unità immobiliari invendute di proprietà Sea Smeralda S.r.l..
4. Consegue il rigetto del ricorso.
Le spese processuali del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo in favore della sola controricorrente Sea Smeralda S.r.l., non avendo svolto attività difensiva L.L.P. e la Loriga Graniti S.r.l..
Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater – dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente Condominio Autorimessa Sea Smeralda a rimborsare alla controricorrente Sea Smeralda S.r.l. le spese processuali sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma cit. art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 7 luglio 2016.
Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2016

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